“Non capisco molto di musica classica!”
Quante volte ho sentito questa frase, soprattutto pronunciata da persone provenienti dal cosiddetto “mondo della cultura”.
Meno frequentemente, però, alle mie orecchie sono giunte ammissioni di ignoranza da parte di queste persone negli ambiti letterario, artistico, teatrale, eccetera. Che vergogna sarebbe, mai si vorrebbe essere tacciati d’ignoranza!
Non parlo di chi, per ragioni socio-culturali, non ha avuto la possibilità di crearsi un bagaglio di conoscenze in ambito artistico e culturale in generale, ci mancherebbe! Parlo precisamente di uomini e donne che per merito, impegno e spesso fortuna, hanno avuto la possibilità di acquisire nozioni (più frequenti) e consapevolezze (ben più rare).
Veramente, vi è mai capitato di sentire persone “colte” dichiarare senza troppi imbarazzi di non saperne nulla di Proust, Kubrick, Dante, Beckett e compagnia bella? Di non aver mai letto un verso di Garcia Lorca o visto un film di Fellini? Quanto, invece, queste stesse persone ignorano beatamente figure mastodontiche come Machaut o Desprez, solamente per citarne due tra i più grandi? Persone che non vanno oltre all’incipit della Quinta di Beethoven (confusa sempre con la Nona), della Eine kleine Nachtmusik (nessuno sa che si chiami così) e della Primavera di Vivaldi (non solo le mezzestagioni sono morte oramai).
Poco importa se si ignorano grandi figure che hanno contribuito ai movimenti dell’animo umano tanto importanti quanto quelle di Platone, Kant e Nietzsche. Benaltrismo, forse?
Vi racconto un piccolo aneddoto della mia vita personale. Io tengo un pollaio con sei galline, dove c’è una precisa e spietata gerarchia: c’è chi comanda, chi mena e chi subisce. Quando scendo al mattino per dar loro da mangiare, sono costretto a creare diversi mucchietti di mangime affinché tutte possano saziarsi senza venire vessate dalle altre. Le galline “in alto” mettono prontamente al proprio posto quelle “in basso” con beccate decise: pretendono di mangiare il cibo dell’upper-class avicola, dopotutto! Così trovo sempre due galline scacciate, mai ammesse al convivio alato. Il caso vuole che queste due siano effettivamente le più grosse e potrebbero ribaltare le altre con un solo colpo d’ala! Pazienza: troveranno abbastanza cibo tra gli scarti delle “signorotte”, evidentemente.
Ecco, questa situazione mi ricorda il ruolo che la musica classica, o meglio la musica d’arte, ricopre nel “pollaio” del mondo artistico-culturale. Nella semplice nozionistica c’è una spietata graduatoria d’importanza, e la musica classica occupa sicuramente i gradini più bassi. Sia chiaro, è in buona compagnia tra fumetti e altre forme espressive, “sorelle” con meno stellette sul distintivo.
Siccome sono stanco di questa condizione, faccio due proposte, ugualmente valide: 1) ammettiamo tutti la nostra beata ignoranza, senza giudicare quella altrui e, magari, 2) facciamo qualcosa per colmare almeno qualche lacuna: studiamo, leggiamo, ascoltiamo, andiamo a vedere e a sentire. Ah no, ne aggiungo un’altra: 3) taciamo quando non ne sappiamo abbastanza, vi prego (e questa è una diretta conseguenza della uno e della due).
Lancio queste proposte, chissà che smettiamo di beccarci!
E voglio chiudere con una citazione che ho appena riletto dopo anni, qui nel mio letto in compagnia di parole che riempiono. Lascio al suo acume la conclusione di questo breve (e molto inutile) sfogo alle parole di Carlos Castaneda, dal primo libro sul suo viaggio di apprendistato. È molto meglio di qualsiasi frase io possa mettere malamente insieme:
Quando un uomo si dispone ad appendere, deve impegnarsi quanto più gli è possibile, e i limiti del suo apprendimento sono determinati dalla sua stessa natura. Non c’è quindi ragione di parlare di sapere: la paura della conoscenza è naturale; la proviamo tutti e non c’è nulla che si possa fare per evitarla. Ma per quanto spaventevole possa essere l’apprendimento, ben più terribile è il pensiero di un uomo senza sapere.